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venerdì 31 agosto 2012

Per una volta non scrivo di corsa. Scrivo invece di cinema (abbiate pietà) e dell'ultimo film che ho visto sul grande schermo, vale a dire l'ultimo capitolo dedicato alle gesta di Batman.
Con l'avvento di Nolan alla regia le avventure dell'uomo pipistrello sono decisamente salite di qualità. Il regista londinese aveva esordito alla grande nella saga con Batman Begins (2005) ed era poi salito ulteriormente di livello con il grandioso Il cavaliere oscuro (2008). A 4 anni dall'ultimo capitolo ecco l'atto conclusivo della trilogia.
L'attesa per questo film, per quel che mi riguarda, era molto elevata. Mi piace la saga, adoro il regista e mi piace molto anche Christian Bale, l'attore protagonista.
Visto l'elevato livello tecnico (regia, cast, effetti) a mio avviso Batman è una saga che vive principalmente sui personaggi. Nel primo capitolo la scoperta era proprio il protagonista, con le sue origini e la sua storia. Nel secondo capitolo il personaggio di maggior spicco risultava essere sicuramente il "cattivo" Joker, interpretato come tutti sapranno dal compianto Heath Ledger mentre il ruolo di Batman veniva quasi oscurato, oltre che dall'antagonista, anche dal suo alter ego normale (Bruce Wayne) e dagli eccessi della sua vita da multi milionario.
In questo terzo capitolo vengono ovviamente introdotti dei personaggi nuovi e il film riesce in parte nell'intento di renderli se non memorabili, almeno ben caratterizzati e di forte impatto.
Riesce bene il cattivo di turno. Il perfido Bane, interpretato non so da chi. Per tutta la durata del film ha una maschera che gli copre naso e bocca pertanto neanche alla sua mamma sarebbe riuscito di riconoscerlo. E' comunque un personaggio molto cupo ed estremamente cattivo con una storia misteriosa alle spalle. Apparentemente è privo di scrupoli ma si rivelerà poi essere dotato di una maggiore prodondità. Un tipo piuttosto interessante.
Anne Hataway dimostra di essere una grande attrice
Il secondo personaggio di rilievo è Catwoman. Sarà che ho un debole per le gambe lunghe ed anche per gli occhi grandi ma a me la scelta di Anne Hathaway per questo ruolo è parso pienamente azzeccato. Avevo sentito critiche nei suoi confronti ma a mio avviso regge bene. E' una gatta. Nella sua interpretazione non è forse il massimo dell'aggressività ma comunque si gioca bene le sue carte.
Infine, rimane impresso il sempre ottimo Joseph Gordon-Levitt che interpreta il poliziotto John Blake il quale nel corso della storia viene promosso a commissario e alla fine del film diventa un'altra cosa ancora, non vi dico che cosa per non rovinare la sorpresa a chi ancora non ha visto il film.
Oltre ai personaggi rimangono nella memoria anche alcune scene degne di nota. Su tutte "l'attentato" aereo in una delle sequenze iniziali della pellicola. Davvero ben congegnato e meravigliosamente realizzato.
Con l'andare del tempo devo dire però che il film un po' si perde. La storia si dipana piuttosto bene ma pare quasi che, verso la fine, le idee siano venute un poco meno e la conclusione mi è parsa un pelo scialba rispetto alle mie elevate attese.
Non siamo dunque ai livelli de Il cavaliere oscuro ne di Memento o Inception (per citare altri due film di Nolan), ma nel complesso il risultato è un film realizzato in maniera impeccabile e che mi sento di consigliare. A maggior ragione se penso che i 165 minuti di durata della pellicola sono volati via lisci come l'olio. Eppure due ore e 45 di film sono tanta roba, qualcosa deve pur voler dire.

domenica 26 agosto 2012


Ultima settimana di ferie dopodiché si torna al lavoro. Cosa fare in questi giorni ? Ma che domanda, ci si allena!
Ecco dunque che sforno una prestazione che mai m'era riuscita da quando ho iniziato a correre: 7 allenamenti in 7 giorni. Allenamenti nei quali ho inserito anche dei lavori di qualità come ripetute brevi (400 metri) e ripetute lunghe (2km) e una garetta domenicale: il Trofeo Stalder in quel di Asiago.
Particolarmente divertente è stata la gara corsa quest'oggi. Si trattava di una podistica/trail di 10 km e spicci son un dislivello positivo di 650 metri. Da notare che il dislivello era concentrato tutto sulla prima salita di appena 3 km con dei tratti di una verticalità spaventosa.
Alla partenza lo sparuto gruppo di runners, una sessantina circa, probabilmente non sapeva a cosa andava incontro. Di sicuro non lo sapevo io che, nonostante un briefing un filo allarmista di un amico, sognavo un piazzamento nei 15.
La partenza è stata cauta ma, visto anche l'esiguo numero di partenti, mi sono comunque mantenuto a ridosso dei primi. Ecco però che la salita regolava ben presto i conti con la condizione delle mie gambe, stressate per il carico di questi giorni. Dopo 1300 metri corsi, il bruciore ai muscoli ed il fiatone mi costringevano a rallentare e a mettermi al passo. Inevitabile subire svariati sorpassi, comincio a farci l'abitudine nei tratti dove la pendenza sale. Trascorsi i primi 3 km, dove ci siamo arrampicati su lastre di roccia quasi verticali, finalmente la pendenza concedeva una tregua. Sbucavamo quindi al di fuori del bosco dove un bel tratto di "mangia e bevi" ci aspettava. Particolarmente suggestivo e gradito il pezzo all'interno delle trincee. Scesi un paio di gradini, infatti, si scendeva all'interno delle trincee scavate durante la grande guerra. E' stato bellissimo correre lungo lo strettissimo corridoio costituito dalla trincea. Il percorso, piuttosto tortuoso, prevedeva delle curve molto strette ed era necessario fare particolare attenzione nelle curve per non urtare contro le pareti di roccia.
Usciti dalla prima trincea ecco che un secondo passaggio ci aspettava, superato anche quello cominciavano gli ultimi 5 km, tutti in discesa fino al traguardo.
Ecco dunque che ho potuto dare fondo alle energie residue spingendo quanto mi era possibile. Nonostante 5 km più prossimi ai 3'30 che ai 4' al km sono riuscito a riacchiappare solo 6 dei numerosi runners che mi avevano superato in salita arrivando al traguardo esausto e in 18^ posizione.
Pensavo di poter far meglio ma la mia incapacità di correre decentemente in salita e, forse, anche la condizione di carico nelle gambe non mi hanno permesso di fare di più. Ma va bene così, ho dato tutto e ho concluso  una settimana nella quale ho corso tutti i giorni portando a casa un totale di 96 km. E' pur sempre un record.
E domani ? 8 su 8 non sembrerebbe suonare così male....stiamo un po' a vedere a che ora mi sveglio.

lunedì 20 agosto 2012

In un precedente post avevo dato notizia di essermi iscritto ad una nuova avventura decisamente impegnativa. Ecco dunque svelato l'arcano, si tratta del Morenic Trail, una gara di 110 km che si svolge lungo l'anfiteatro morenico di Ivrea.
In questo caso, il dislivello non è particolarmente impegnativo (almeno, se confrontato con la Trans D'Havet), si tratta infatti di 2280 metri di dislivello distribuiti lungo tutto il percorso. A far paura è invece la distanza. 110 km sono tanta roba e per di più, visto il dislivello, dovrebbero essere pure piuttosto corribili; il che può portare al rischio di strafare e finire col farsi molto male.
L'obiettivo sarà quello di arrivare sano al traguardo e di divertirsi. Tanto so che una volta appuntato il pettorale finirò per dare tutto.
Fortunatamente parto da una buona preparazione di base vista l'estate ultra impegnata che ho svolto e dall'importante esperienza degli 80 km del Trans D'Havet. Da qui al 6 Ottobre il tempo per affinare la condizione c'è tutto. E' evidente che poi non potrò correre una Venice Marathon al meglio delle mie possibilità ma ormai la scelta è fatta. E avrò tempo per una maratona nel tardo autunno o in inverno.
La decisione è nata dalle ottime impressioni post Trans D'Havet e dal fatto di aver realizzato che, portando a casa il Morenic Trail, avrei i punti necessari per iscrivermi all'Ultra Trail del Monte Bianco dell'anno prossimo.
Non che al momento abbia intenzione di parteciparvi ma avere i punti è condizione necessaria nel caso cambiassi idea. Il che significa che appena apriranno le iscrizioni mi fionderò a registrarmi. Garantito!

mercoledì 15 agosto 2012

Durante la Trans D'Havet il mio compagno di squadra Fulmine aveva con se una piccola videocamera portatile. Con le immagini registrate da Fulmine ho realizzato un filmato che posto qui.
Rende l'idea delle caratteristiche del percorso affrontato e della festa all'arrivo. Peccato ci fossero solo poche immagini della fase in notturna e che non ci sia la salita più dura, evidentemente Fulmine era stanco in quel passaggio e ha registrato solo una volta arrivato in vetta (minuto 5 e 40, cima Carega).
Buona visione.


lunedì 13 agosto 2012

Successivamente alla Trans D'Havet mi sono preso una piccola pausa dagli allenamenti. Giusto per dare un po' di riposo alle gambe e un po' di respiro al fisico. Ma solo per qualche giorno. Nel fine settimana infatti ho preso parte ad una mezza maratona a Scorzè, in provincia di Venezia e a pochi passi dalla mia casa natale.
L'idea di correre una mezza maratona, ad una settimana da una gara di 80 km, m'è parsa una gran boiata solo quando mi ero già iscritto e stavo andando a ritirare il pettorale. In altre parole, quando ormai era troppo tardi.
Ecco dunque che mi sono ritrovato ai nastri di partenza piuttosto svogliato e poco intenzionato ad impegnarmi a fondo.
Ancora una volta però, il via dello starter ha cambiato tutto. Dopo un primo km di riscaldamento ho incrementato il livello dell'impegno aumentando l'andatura tanto quanto le mie gambe mi permettevano di fare. Alla fine ne è uscito un ottimo 1h e 30 che, complice anche la scarsa partecipazione di runners di livello, mi è valso il 5° posto di categoria e conseguente premio.
Sorvolo sulla qualità del premio ma vabbèh, gli organizzatori sono stati bravi nel premiare un sacco di gente e sentire il proprio nome tra quelli dei premiati fa comunque piacere.
Nel post gara ho saputo che sono stati fatti dei controlli antidoping ai primi classificati. Direi che è una buona cosa anche perchè, nell'ambiente del running, molto spesso si sentono "chiacchiere" su presunti casi di doping. Magari è solo l'invidia delle persone a scatenare reazioni di questo tipo, ben vengano dunque i controlli che possono aiutare a sciogliere ogni dubbio e ad allontanare eventuali "furbetti".

Dopo la Maratonina di Scorzè, sono tornato al trail con il Trail delle Creste giunto quest'anno alla seconda edizione. Avevo corso questa gara l'anno scorso, era la mia prima esperienza con la corsa su sentieri di montagna e tagliai il traguardo con il tempo di 2 ore e 25 minuti. L'obiettivo per quest'anno era quello di migliorare il tempo dell'anno passato, impresa questa che poteva sembrare piuttosto semplice vista la maggiore esperienza ed il migliore allenamento con il quale mi presentavo al via.
Alla fine il miglioramento c'è stato, ho chiuso in 2 ore e 12 minuti. Soddisfatto anche se alcuni errori ed una condizione muscolare non proprio ottimale mi hanno impedito di fare meglio.
Poco male, vorrà dire che manterrò il margine per un eventuale miglioramento nell'anno venturo.
Intanto da questa gara, oltre ad un ottimo 25° posto finale, riporto anche una ferita di guerra.
A pochi km dal traguardo sono infatti inciampato cadendo a lato del sentiero. Ad ammortizzare la mia caduta ho trovato una pianta che ha fermato la mia corsa. Purtroppo però un ramo mi ha graffiato vistosamente il collo e devo dire che è andata anche abbastanza bene perchè fosse stato più appuntito avrebbe potuto fare un danno ben più grave.

Ora rimane un Agosto in cui sono in ferie ma senza programmi precisi. L'idea di un viaggio mi aveva sfiorato ma il caos di questo periodo mi ha dissuaso, ci penserò più avanti. Intanto mi sono iscritto alla Marcialonga del 2 Settembre. Sto ancora valutando l'iscrizione alla Sky Race delle dolomiti Friulane del 26 Agosto e al Sellaronda Trail Running del 15 Settembre. Alla fine probabilmente le farò entrambe ma aspetto ancora qualche giorno per decidere.
Successivamente ci sarà da pensare ad un altra bella mazzata (o cazzata) cui ormai ho deciso di partecipare.
Ve ne darò notizia tra qualche giorno...quando troverò il coraggio di farlo.

venerdì 10 agosto 2012

Ha fatto molto parlare il caso di Alex Schwazer di cui, presumo, tutti avranno sentito parlare. Personalmente trovo la situazione piuttosto anomala rispetto ai precedenti casi di doping riscontrati nello sport.
Tanto per fare alcuni esempi riporto alcune frasi pronunciate dai presunti dopati una volta colti in fallo:

Nel 2006, il calciatore Marco Boriello, trovato positivo ad un controllo, diede la colpa alla pomata utilizzata dalla sua fidanzata per curare un'infezione vaginale.
Alle bistecche di cinghiale attribuirono la responsabilità della loro positività altri due calciatori, Christian Bucchi e Salvatore Monaco.
Fernando Couto e Manuele Blasi accusarono shampoo e lozione per capelli. Mentre Santos Mozart disse che il suo caso era stato causato da una pomata applicata alla figlia per una puntura d'insetto.
Non solo calcio comunque, nel tennis il francese Gasquet disse di aver baciato una ragazza che aveva appena assunto della cocaina e per questa ragione fu trovato positivo ad un conseguente test che rilevava l'assunzione di questa sostanza.
Il mezzofondista Bauman diede la colpa al dentifricio, manipolato da qualcuno, e contente steroidi. Mentre la nuotatrice Astrid Strauss e lo sprinter Linford Chriestie accusarono rispettivamente fragole e avocado per la loro positività al testosterone (fonte).

Di fronte a questi casi assume una luce particolare la vicenda di Schwazer che, appena colto in fallo, ha ammesso la colpa assumendosi completamente la responsabilità dell'errore. Un comportamento decisamente anomalo per un imbroglione.
Sentendo la conferenza stampa e leggendo le varie dichiarazioni mi sono fatto una personale idea.
Penso che Schwazer sia fondamentalmente una persona onesta, soltanto fragile in questo momento. E' un atleta che ha fatto un'enorma cazzata, una cosa per la quale è giusto punirlo con la squalifica ma per la quale io non mi sento di condannarlo definitivamente come persona.
Delle frasi da lui pronunciate un paio mi hanno colpito particolarmente. La prima è che Schwazer non amava quello che faceva. Marciava perchè gli riusciva bene, perchè era forte, ma gli allenamenti estenuanti e la costante pressione, che egli stesso si poneva, lo hanno portato a perdere lucidità e a fare quello che ha fatto in un momento di folle debolezza. In questo senso il pensiero mi è andato al tennista Andre Agassi, nella sua biografia anch'egli afferma più volte di quanto odiasse il tennis ed anch'egli è caduto nel doping (anche se con un caso molto diverso) salvandosi dalla squalifica soltanto mentendo. Non a caso.
La seconda frase che mi ha colpito è stata "ci vuole carattere per essere dei dopati ed io non ce l'ho". Ricordo che Schwazer poteva evitare il controllo a sorpresa che gli è stato fatto il 30 Luglio. Il regolamento prevede infatti che un atleta possa saltare due controlli a sorpresa nell'arco di 18 mesi (regola a mio avviso opinabile ma che comunque l'atleta conosceva). Eppure non l'ha fatto, si è sottoposto al controllo perchè, evidentemente, il peso di quanto stava facendo lo stava opprimendo e voleva liberarsene il prima possibile.
Mi viene da riflettere invece sulla posizione del suo allenatore, Michele Didoni, che si sente tradito dal comportamento del suo assistito. Ebbene, dov'era Didoni quando Schwazer si dopava ? Come ha fatto il suo allenatore a non accorgersi del periodo di confusione del suo atleta ?
Se Schwazer da questa vicenda esce disintegrato devo dire che neppure il suo allenatore ha fatto una gran bella figura. A maggior ragione successivamente alle sue pubbliche accuse di tradimento, per quanto effettuate a caldo.

Il caso, comunque lo si guardi, risulta essere piuttosto penoso. Non mi quadra per niente quando dice di aver fatto tutto da solo ed anzi, quelle dichiarazioni, aumentano la mia impressione di debolezza di una persona che non ha il coraggio di accusare altri soggetti coinvolti.
In definitiva, mi dispiace moltissimo vedere un ragazzo dall'enorme talento distrutto da una sua debolezza ma credo sia doveroso considerare il suo comportamento e stargli vicino. Egli stesso ha affermato che la sua carriera è finita, che ora vuole una vita normale lontano dalla marcia, non ha chiesto clemenza ne di essere riammesso. Se non cambia idea col passare del tempo, ritornando su questa sua decisione, per me rimane una persona onesta che ha commesso un'enorme debolezza. A che serve infierire ?

lunedì 6 agosto 2012

(Prologo..)
(Prima parte...)
(Seconda parte...)

Lasciato Passo Campogrosso ci inoltriamo verso la salita di Boale dei Fondi, un impervio sentiero che risale il monte Carega. La strada prosegue su tratto ghiaioso con percorso a Zig Zag. E tira, oh se tira. Sopra di me vedo altri atleti proseguire lungo il percorso. Peo mi racconta le sue avventure in questi luoghi che conosce benissimo. Mi indica dove dobbiamo arrivare e quasi mi viene male. Ma non mi fermo, dentro di me soffro e mi dispero ma fermarsi mai. Questa probabilmente è la mia forza, almeno in questo tratto. Non a caso recupero varie posizioni andando a riprendere atleti che mi avevano superato lungo il sentiero delle Gallerie.
Salita al Carega
Peo è preziosissimo. Mi sostiene, mi incoraggia e mi distrae dalla fatica. Il sole comincia ad essere alto nel cielo e a riscaldare parecchio. Dopo l'ultimo ristoro mi sono munito di cappellino e continuo a bere con regolarità. Passata la prima metà della salita giungiamo ad un tratto di roccette. Occorre usare le mani per inerpicarsi lungo la roccia e superare l'ostacolo. Peo mi sorveglia da dietro pronto ad intervenire nel caso in cui perda l'equilibrio. Vista la stanchezza la possibilità c'è tutta. Lo sforzo è grande ma la vetta si avvicina sempre più. Dopo un tempo che pare interminabile, finalmente, valichiamo bocchetta Fondi. Bene, dico, e il rifugio dove sta ? Niente rifugio mi dice Peo, il rifugio sta dietro quell'altra salita!
A momenti svengo ma è così. Percorriamo un breve tratto di falsopiano in discesa, dove riesco anche a corricchiare e poi troviamo nuovamente salita. E' un tratto relativamente breve ma comunque intenso. Ci sono due possibilità di affrontarlo, si possono tagliare le curve proseguendo per la via più ripida oppure si può allungare leggermente per la strada che è però meno impervia. Su consiglio della mia guida faccio un mix tra i due percorsi. Dove mi sembra troppo duro opto per la strada più lunga. La scelta è saggia, riesco infatti a dosare le forze e a colmare l'ultima distanza che mi separa dalla cima. Un ultimo sforzo e, finalmente, siamo a rifugio Fraccaroli, praticamente in vetta al Carega, altezza 2238 metri.
A questo punto Peo mi saluta e torna sui suoi passi per aiutare gli altri amici impegnati quest'oggi. Grazie per il supporto vecchio mio, sei stato di fondamentale importanza.
Salutato Peo mi lancio, si fa per dire, nella discesa verso il rifugio Scalorbi. In realtà dopo qualche metro sento che le gambe riprendono vigore e forza e riesco a proseguire nella discesa con buona velocità. Il fondo in questo punto è sassoso ma non presenta alcun pericolo. Con la giusta attenzione ho la possibilità di scendere in maniera discreta.
Al termine della discesa ci aspetta un nuovo ristoro. Il penultimo di giornata. Me la prendo comoda e faccio fuori un po' di nocciole e un paio di grissini, dopodichè vedo qualcuno mangiare della minestra. Minestra ?!? Voglio anch'io!!! Prontamente un alpino mi caccia in mano una ciotola con della minestrina. Mi siedo su una panca e mangio la minestra più buona della mia vita. Mi trattengo da chiedere il bis ma che bontà!
Rinfrancato dall'ottimo ristoro mi rimetto in piedi e riparto. I km sono 52, all'ultimo lap (km 50) il Garmin ha segnato 118 minuti, in leggera controtendenza rispetto al precedente, nonostante tutta la salita. Buon segno.
Mancano ancora due tratti di salita, ma rispetto a quanto affrontato fin'ora sono davvero poca cosa. Comincio a realizzare che ce la sto facendo. E' ancora lunga ma al traguardo, in qualche modo, ci si arriva.
Le salite a Passo Plische e a Passo Zevola se ne vanno in tempi relativamente brevi. Il secondo scollinamento ci dice che le salite vere e proprie ormai sono terminate. C'è ancora qualche tratto nervoso ma, prevalentemente, da qui a Valdagno è discesa. Io e i due compagni di viaggio incrociati in quel momento esultiamo prima di lanciarci nuovamente lungo la via. Al km 60 il Garmin lappa il 6° giro di giornata, 103 minuti, sono in netta ripresa e mancano 20 km, una mezza maratona.
Un tratto erboso e piatto ci si presenta davanti, lo affronto di corsa e riesco a mantenere l'andatura per un bel pezzo sorprendendomi di come le gambe stiano bene. Nel frattempo i primi due della Maratona mi superano. Li osservo correre invidiandoli un po' per la loro velocità ma penso che alla fine avrò maggior gloria io, nonostante tutto.
La zona di erba termina e si ritorna a correre su sentiero. Quando la pendenza è favorevole corro, quando si presenta un po' di salita mi metto al passo. Proseguo in questo modo e ben presto arrivo all'ultimo ristoro che corrisponde anche all'ultima rilevazione prima dell'arrivo.
Sella del campetto km 66,8 transito in 12 ore e 26 in 35^ posizione

Controllo il tempo, mancano 13 km e si profila la possibilità di arrivare entro le 14 ore. Inaspettatamente la proiezione finale è notevolmente migliorata. Devo avvertire gli amici della Fulminea che mi dovrebbero venire a vedere. Recupero il cellulare, per fortuna prende. Faccio un paio di chiamate ma nessuno mi risponde. Vado di SMS, speriamo bene.
Riprendo a correre chiedendo ai volontari se c'è ancora salita, mi rispondono che ci sono un paio di strappetti ma è poca cosa. Fiducioso, proseguo lungo la via. Il percorso è come indicato dai volontari, due salitine brevi e poi arriva il bosco dove comincia la discesa.
Il fondo è complicato. Foglie e radici richiedono particolare attenzione. Per fortuna ho un momento di lucidità e riesco a correre di buona lena. Recupero un atleta sulla via e distanzio quelli che erano con me al ristoro. Arriva anche il 7° lap di giornata che dice 92 minuti, di nuovo il parziale migliora. Merito del tratto più corribile ma merito anche delle mie gambe che reggono alla grande lo sforzo. I km ora sono 70, ne mancano solo 10. Ci penso e la cosa mi carica di nuove energie.
Continuo a bere anche perchè il sole adesso comincia a picchiare forte. Ad un certo punto si esce dal bosco e si cominciano a vedere le prime case. E' un buon segno, il traguardo si avvicina. Ad un tornante una magnifica fontana ci aspetta. Mi ci butto sotto sciacquandomi la testa e riempiendo una borraccia. Una sensazione meravigliosa. Riparto ancora grondante d'acqua sorpreso per le energie che ancora mi pervadono.
Il tratto di discesa termina, si prosegue sempre con pendenza favorevole ma su un percorso più ondulato. Le mie gambe vanno alla grande. Non ho dolori particolari e mi sento in forze per cui spingo.
Ad un certo punto sento il telefono squillare, recupero il cellulare e rispondo. E' Andrea Rigo che mi chiede come va. Gli racconto un po' la situazione mentre continuo a correre, poi taglio corto perchè l'arrivo è ormai prossimo. Andrea mi saluta facendomi i complimenti.
Mi fermo per riporre il cellulare nello zaino ed ecco che un runner mi raggiunge e mi supera. Non ci sto. Rimetto lo zaino in spalla e riparto deciso, raggiungo il runner che mi aveva superato e gli rendo l'affronto passandolo di gran carriera. Si instaura una piccola sfida. Io sto meglio e sono più veloce ma il mio avversario è determinato e non molla. Ogni volta che mi giro è li dietro che mi tiene nel mirino. Onore a lui.
Sarà il profumo dell'arrivo, sarà l'avversario che mi pressa, sarà, soprattutto, l'euforia per aver ormai completato questa impresa fatto sta che vado alla grande. Non so dire la velocità esatta ma ad occhio corro sui 4'30/km, mi sembra di volare.
A due km dalla fine termina il tratto di sterrato e comincia l'asfalto. Incontro alcune persone e chiedo loro notizie dell'arrivo, manca ormai un solo km. Mi fermo ed indosso la canotta della Fulminea, perdo un minuto ma ne vale la pena. A 500 metri dal traguardo arriva anche il 10° lap di giornata, incredibilmente mi restituisce un 61 minuti di tempo. Può sembrare di no, visto che arriva nel tratto di discesa, ma è un gran parziale. Basti pensare che negli ultimi 15 km il primo mi ha distanziato di "soli" 9 minuti e solamente i primi 7 della classifica hanno fatto meglio di me in questo tratto.
Faccio a tempo a registrare questo dato che sono nell'abitato di Valdagno. Il percorso diventa un po' tortuoso tra le vie del paese. Non c'è esattamente una folla ad aspettarmi ma un po' di persone le incontro e tutte sono generose nel dispensare sorrisi e complimenti.
Finalmente imbocco il rettilineo finale, vedo il gonfiabile e comincio a esultare. Incrocio Peo, sulla mia sinistra, che mi mormora un "cosa ci fai già qui?". Sorrido e saluto mentre taglio raggiante il traguardo.
Valdagno - Arrivo 80,6 km 13 ore 54 minuti e 58 secondi in 32^ posizione. Enorme risultato!
Finalmente sono arrivato
Purtroppo per me arrivo un po' troppo presto (figurarsi se me ne posso lamentare) e trovo solo Peo e Dr. House (che purtroppo s'è ritirato a metà gara ) ad aspettarmi. I compagni fulminei arriveranno solo dopo, ma poco male, avremo modo di festeggiare assieme l'arrivo di Alvin, Zanze e di un eroico Fulmine che conclude la sua fatica in 17 ore.
Il resto della giornata è speso a crogiolarsi al sole festeggiando l'impresa in compagnia di amici e birre a fiumi. La giusta gloria dopo la fatica.
All'arrivo in compagnia di Alvin

Quante giornate ricordi della tua vita ? Non me ne vengono in mente moltissime, ma il giorno in cui ho corso la Trans D'Havet rientra sicuramente nell'elenco.

venerdì 3 agosto 2012

(vai al prologo..)
(vai alla prima parte...)

Come vu siete lenti ! Fossi in voi mi vergognerei d'andar così piano. C'avete davanti pure il minorenne !
In questo modo ci accoglie un simpatico volontario di origine toscana al ristoro di Passo Xomo. Ha il compito di scannerizzare i nostri pettorali per aggiornare il passaggio sul live tracking. Svolge il suo compito con grande allegria e pigliandoci tutti amichevolmente per il culo.
Sorrido e chiedo notizie dei primi, piu' per curiosita che altro, scopro che son passati da un'ora buona. La peppa come filano!
Al ristoro come sempre non mi risparmio. Mangio bevo e quindi riparto, mi aspetta il sentiero delle 52 Gallerie che sale fino al Rifugio Papa sul monte Pasubio, quota 1900 metri di altitudine. Il sentiero porta questo nome perchè, per giungere in vetta, è necessario attraversare 52 gallerie scavate nella roccia.
Appena comincia commetto subito un errore, mi metto a contare. Le gallerie recano inciso all'imbocco un numero progressivo. Ogni volta che ne attraversiamo una controllo il numero che la contrassegna e verifico quante ne mancano alla fine. Il risultato è che non passano mai. Dopo una ventina di gallerie già non ne posso più, non sono nemmeno a metà e mi sento stanchissimo. Provo a mangiare un gel (sarebbe il terzo, ne assumo circa uno ogni ora) ma appena ci penso mi viene un moto di nausea. Assumere ancora quella sostanza dolciastra mi fa venire il voltastomaco. Niente da fare, vado avanti bevendo acqua e sali dalla borraccia.
Stringo i denti e proseguo, vengo superato da vari atleti ma non me ne curo. Nel frattempo il sole è sorto illuminando la strada e asciugando un po' l'aria. All'uscita da una galleria, io e i miei compagni di viaggio del momento ci fermiamo ad osservare un camoscio appollaiato sulle rocce. Incurante della nostra presenza saltella agile sullo strapiombo. Uno spettacolo.
Successivamente all'incontro con il camoscio proseguo lungo la via. Ora sono in compagnia di Darta, un tizio che incontro molto spesso alle maratone (faceva parte dei Veneziani sboccati alla maratona di Venezia dello scorso anno e, sempre a Venezia, mi fece da Pacer per un tratto qualche edizione prima). Si prosegue assieme muti e concentrati su questa strada che non molla mai. La pendenza è costante e non permette mai di rifiatare. Una sofferenza.
A forza di soffrire, entrando e uscendo da tutte e 52 le gallerie, finalmente si arriva alla sommità. Non so quanto c'ho messo ma è un'eternità. Sono grato di aver finito questo sentiero ora mi aspetta un po' di discesa nella quale rifiaterò. Di correre, al momento, proprio non ho voglia.
Recupero nuovamente il cellulare per mandare messaggi, in particolare a Peo che, forse, mi sarebbe venuto a prendere a metà strada per accompagnarmi lungo il percorso. Scrivo l'SMS e sento qualcuno che mi chiama da dietro "Hey, è di qua!" mi volto e vedo che ho tirato dritto ad un bivio. Fortuna che dietro di me qualcuno mi ha visto e mi ha evitato l'errore. Ripongo il cellulare nello zaino e riprendo la retta via.
La discesa picchia diritta verso Pian delle Fugazze che segna anche la metà del percorso ed il punto di partenza del Trail Marathon. Altro ristoro ed incontro con i primi ritirati che aspettano il trasporto verso Valdagno. Mangio frutta secca e crostata e bevo acqua e coca cola. Preparo una borraccia con sali e me la faccio riempire. Quindi, ancora masticando, riparto al passo. Ormai è giorno fatto, sono le 7 e 20. Gli ultimi due "lap" del Garmin riportano 115 e 120 minuti. Sono in discesa libera per quel che riguarda i tempi e sono molto stanco ma mi convinco che il peggio è passato.
Ristoro a Passo Campogrosso
Il percorso riprende su terreno erboso quasi pianeggiante, ma solo per pochi metri, il sentiero gira a sinistra e  ci si infila nel sottobosco. Ricomincia la salita. Si sale a Selletta nordovest, 400 metri di dislivello in pochissimi km. Avanzo lentissimo ma noto che nessuno mi riprende. Anzi, a metà salita riaggancio chi mi stava davanti. Si cammina, ovviamente, ma a varie velocità. Risalgo il pendio a testa bassa, meglio non guardare, meglio non sapere. Ad un certo punto le fronde si diradano, la luce si fa più intensa, sono in cima. Si sbuca fuori dal bosco ed un tratto ondulato ci attende portandoci a Campogrosso. Di Peo non c'è traccia, mannaggia a lui, contavo sul suo supporto ora mi devo sorbire la salita al rifufio Fraccaroli, la più dura di tutte, da solo. Faccio appena in tempo a formulare questo pensiero che, su una curva scorgo una figura ai lati del sentiero. Le sue sembianze mi sembrano note, mi avvicino ancora un po' e ne ho la conferma. E' Peo!
Ho un moto di felicità, sorrido mentre il mio compagno di squadra mi scatta una foto e gli dico: "Son contento come se vedesse na bea figa!! (serve tradurre ?). Subito dopo mi accoglie il ristoro di Passo Campogrosso. Peo mi dice che mi accompagnerà lungo la salita. Io gli dico che dovrà pazientare perchè ho intenzione di andare con molta calma. Nessuna protesta da parte sua. Al ristoro ricarico come sempre le scorte e cambio nuovamente maglietta rimettendo quella della partenza che, nel frattempo, si è asciugata. Dopo i canonici 5 minuti di stop riparto scortato da Peo. Qualche metro più in la troviamo il secondo check point dove il mio pettorale viene scannerizzato segnando ufficialmente il mio passaggio.
Passo Campogrosso km 45,7 transito in 8 ore e 42 minuti in 46^ posizione.

(continua...)

mercoledì 1 agosto 2012

(Segue da qui..)

Subito dopo lo sparo ci inoltriamo lungo le vie di Piovene. Ai lati della strada un folto gruppo di persone ci applaude e ci incita. L'atmosfera è molto bella. Si respira aria di festa. Fa caldo ma per il momento non si soffre. Parto tranquillo ma in breve tempo perdo sia Fulmine che Dr. House. Proseguo trascinato dal flusso di podisti ancora mezzo stordito da emozione e adrenalina. Ben presto lasciamo l'abitato di Piovene e ci inoltriamo lungo il sentiero che risale il Monte Summano, quello che vedo da casa mia tutte le mattine quando porto il cane alla toilette. Appena la salita si fa un attimo più impegnativa mi metto al passo. Non c'è nessuna fretta per il momento. Mi guardo intorno per vedere se riconosco qualcuno ed ecco che ritrovo Fulmine, era rimasto dietro di me. Dr. House invece risulta disperso.
La salita al Summano è piuttosto impegnativa, circa mille metri di dislivello in 8 km, ma siamo freschi e non fa più di tanto paura. Le lampade frontali illuminano il sentiero buio, si viaggia in gruppo e non ci sono grossi problemi di visibilità. Cominciano a formarsi i primi gruppetti di una decina di trail runners. Come al solito sono partito nelle retrovie ed ora devo risalire. Mi aggancio ad un gruppo, rimango in coda per un po' dopodichè accelero fino a portarmi al gruppo successivo. Così facendo recupero varie posizioni ma mi rendo conto di aver perso Fulmine. Per un momento sono combattuto se fermarmi ad aspettarlo, in fin dei conti volevo affrontare la prima salita con molta calma, ma poi decido di proseguire con il mio passo visto che non sto forzando particolarmente.
Mentre avanzo mi rendo conto che stiamo correndo in condizioni di fortissima umidità. La maglietta che ho addosso comincia ben presto ad essere bagnata ed anche la respirazione un po' ne risente. Le gambe invece girano bene. Bevo dal camel bag con regolarità. Ogni tanto accenno qualche tratto di corsa ma per pochi metri poi mi metto nuovamente al passo.
Ho impostato il Garmin (310xt prestatomi da Rigo) con l'autolap ogni 10 km. In questo modo divido la gara in 8 frazioni. E' da quando mi sono iscritto a questa competizione che ho cominciato a pensare ai 10 km  unità di riferimento. Quando andavo ad allenarmi facevo una unità e mezza (15 km) o due unità (20 km), il tutto per abituarmi all'idea della lunga distanza. Ho considerato che fosse meglio dividere la corsa in 8 tronconi piuttosto che in 80. Mi da l'idea che sia psicologicamente più semplice da affrontare.
La prima salita scorre via abbastanza bene, conosco i punti del tracciato, ho i miei riferimenti e riesco ad intuire quanto manca dalla vetta. Il che mi è sicuramente d'aiuto.
Summano by Alessandro Zaffonato
Raggiungo la sommità dopo 1 ora e 35 minuti, passo la croce e proseguo lungo uno dei tratti più pericolosi del sentiero, le famigerate "Greste del Summano". Sarà stata l'ottima segnalazione del percorso, sarà stato che era buio ma non ho avuto nessuna difficoltà in questo tratto. Nessun timore di finire di sotto come in tanti avevano paventato alla vigilia. In alcuni tratti mi sono trovato anche a correre da solo dopo aver superato chi mi stava davanti senza il minimo problema.
Lungo questo tratto arriva anche il primo lap del Garmin, mi dice 105 minuti, faccio due rapidi calcoli e ne uscirebbe una proiezione da 14 ore. Dove posso firmare ?
I conti sul tempo mi tengono impegnato e in breve arrivo al termine della discesa. Questo punto coincide con il 12° km e con il primo ristoro, solo idrico. I volontari ci accolgono con acqua, sali, coca cola e quant'altro. Faccio il pieno alla sacca che ho nello zaino e bevo qualche sorso di coca cola, quindi riparto dopo una sosta tutto sommato breve. Percorriamo un breve tratto di falsopiano dove riesco a corricchiare recuperando qualche altra posizione, dopodichè ci inoltriamo nel sottobosco ed è subito salita. Si sale Monte Rione in cima al quale troveremo l'omonimo forte. In lontananza, e molto più in alto di me, vedo le luci dei primi concorrenti. Sono già belli distanti, cavolo come filano. Mi rimetto al passo e proseguo di conserva. Continuo a recuperare posizioni ma sempre con maggior fatica, ormai il livello della gente che incontro comincia ad assestarsi su quello di mia competenza. Per lunghi tratti comunque mi trovo a proseguire da solo con la luce della mia frontale come unica fonte di illuminazione lungo la via. L'umidità nel sottobosco è pazzesca. Maglia, pantaloncini e zaino sono completamente zuppi. Continuo a bere con regolarità. Il ritmo è abbastanza costante. Mi pare di andare bene. Ad un certo punto la strada spiana ma ancora non siamo in vetta. Qui prendo una decisione che si rivelerà saggia: mi fermo e mi cambio di maglia indossando quella a maniche lunghe. La temperatura non è terribilmente fredda ma la maglia che indossavo alla partenza era completamente fradicia ed ogni tanto un filo di aria fresca si fa vivo. Meglio indossare qualcosa  di asciutto. Il cambio mi regala subito una buona sensazione. Proseguo rinfrancato ed arriva il secondo lap: 102 minuti. Fantastico, migliorato il passo della precedente frazione e sono a un quarto di gara.
Mi trovo al 20° km in un tratto di falso piano poco prima della rampa che porta a Forte Rione, mi ritrovo da solo e scende anche la nebbia. L'umidità è a livelli spaventosi. Giro la testa a destra e a sinistra cercando le segnalazioni del percorso ma la lampada rimbalza nella foschia. Fortuna che i segnali predisposti dall'organizzazione sono muniti di catarifrangente per cui quando ci si avvicina un minimo, e la luce riesce a bucare lo strato di nebbia, sono di immediata identificazione. Il punto nebuloso termina quando riparte la salita. E' un tratto piuttosto breve su strada comoda. Mi aggrego ad un gruppo di tre persone che ho raggiunto e poco dopo passiamo davanti a forte Rione. Nel buio e nell'atmosfera spettrale in cui ci troviamo fa uno strano effetto. Sembra bello e mi riprometto di tornarci con la luce del giorno. Il tempo di questo pensiero e sono nuovamente in discesa. Supero i miei compagni di avventura e mi ritrovo da solo. Davanti a me il vuoto. Accelero guardando bene dove metto i piedi e in poco tempo riprendo un gruppetto che stava davanti a me al quale mi accodo. Si corre su un sentierino molto stretto. Me ne sto buono buono nelle retrovie senza superare. Il fatto di stare in coda, curiosamente, mi porta a distrarmi. Anzichè guardare la strada sotto ai miei piedi guardo la schiena di chi mi sta davanti, in modo da non andarci addosso. Il risultato è che inciampo in una radice e finisco disteso. Ma è solo un attimo, mi rialzo e proseguo senza alcun danno. Appena qualche segno sui palmi delle mani che hanno attutito il colpo ma nulla di più.
Terminata la discesa ci aspetta un altro ristoro. Questa volta ci sono anche alimenti solidi. Ricarico nuovamente il camelbag, bevo cocacola e mangio un po' di frutta secca e di crostata. Quindi riparto, si affronta l'ascesa al Monte Alba.
Questa salita è breve ma infida. Ci si trova sempre nel sottobosco a proseguire  in costante e ripidissima salita. Dalle mappe pare dovrebbe finire subito e invece non si arriva mai e io faccio l'errore di sottovalutarla. Mentre salgo recupero il cellulare e provo a mandare messaggi sull'orario previsto di arrivo in modo da allertare amici e conoscenti (peraltro invano visto che il cellulare non prendeva in quel punto). Il gioco mi costa qualche sforzo in più del necessario che al momento non avverto ma che mi presenterà il conto più avanti.
A forza di camminare, e di risalire, si giunge finalmente anche in cima a questa vetta. Come di consueto, segue la discesa. Tecnica ed insidiosa ma tutto sommato breve la quale ci porta a Passo Xomo dove ci aspetta un altro ristoro ed il primo rilevamento cronometrico ufficiale:
Passo Xomo km 28, transito in 5 ore ed 1 minuto in 51^ posizione.

(continua...)
 
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