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domenica 25 settembre 2011

Non m'è venuto di dire trentatrè, mi son dovuto accontentare di trentuno ma, viste le caratteristiche della marcia, direi che non c'è da lamentarsi. Più che altro nuove incognite si stagliano all'orizzonte.
Le incognite si chiamano fegato, milza e, soprattutto, alluce sinistro.
Il tutto s'è manifestato durante la Maratona del Bosco del Montello che ogni anno, in questo periodo, si svolge a Povegliano (TV). La manifestazione prevede vari percorsi, io avevo scelto quello di 32 km da allungare a piacimento. M'ero scordato però delle caratteristiche marcatamente collinari di questa prova. Dopo i primi 7 km, relativamente piatti, il percorso saliva improvvisamente di un buon centinaio di metri proseguendo da quel punto con un continuo sali scendi fino al km 24 passato il quale si ridiscendeva in picchiata per riportarsi alla quota di partenza.



Tutto molto bello a dire il vero, correre tra i boschi del montello regala degli scorci splendidi, peccato che ciò non si sposi perfettamente con la mia intenzione di lungo lento previsto per oggi e peccato che l'altimetria, unita al fondo sconnesso, acuisca  il fastidio che avevo ad inizio corsa all'alluce sinistro portandolo a dolore prima e a tortura una volta raggiunti i 30 km. In pratica mi sembrava di correre con un seghetto piantato a metà alluce. Passati i 30 ho corricchiato per un km ancora prima di tirare i remi in barca e camminare negli ultimi duemila metri, senza lenire di molto la sofferenza. L'unica soluzione sarebbe stata togliere la scarpa.
Devo dire che già in precedenza il mio fisico mi aveva lanciato dei messaggi preoccupanti. Nelle discese intorno al km 25 il fegato aveva cominciato a pizzicare e a darmi fastidio, una volta giunto in pianura il dolore s'era invece spostato alla parte sinistra interessando la milza. Quella brutta bagascia ad un certo punto ha cominciato a dolere così tanto da costringermi ad un rifornimento che pensavo di saltare. Tutti segnali di come questo primo lungo fosse effettivamente un po' troppo duro per la mia attuale condizione. Peccato perchè di gambe tutto sommato c'ero e i 33, se non addirittura 34, si potevano portare a casa.
C'ha pensato comunque l'alluce a togliere ogni dubbio e a sollevare preoccupazioni, cosa sarà questo dolore nuovo ? Ora sto applicando ghiaccio, in settimana prendo delle scarpe nuove, non vorrei che quelle vecchie (che oggi han compiuto 700 km) non si fossero consumate da qualche parte causandomi questo problema.
Se non penso a questi malanni fisici posso anche ritenermi soddisfatto. Ho corso 31 km misti collinari partendo a bomba (m'ero messo in testa di provare a riprendere Pasteo che avevo incrociato mentre andavo ad iscrivermi, io ero in ritardo mentre lui era partito regolare alle 8.30 con qualche minuto di vantaggio su di me) e gestendo tutto sommato bene lo sforzo. Del resto, prima di questi 31 la massima distanza coperta erano 22.
Domenica, correndo su percorso piatto a Vedelago, i 36 previsti sono alla mia portata. Alluce permettendo.


giovedì 22 settembre 2011




Un cortometraggio fantastico !

domenica 18 settembre 2011

Programmino interessante quello cui mi sono sottoposto questo weekend. Ieri ho preso parte alla bellissima (e non meno dura) Sleghe Lauf, gara di 10 km su circuito cittadino in quel di Asiago. La gara si è svolta su di un percorso di 2,5 km da percorrere 4 volte. Si noti che dei 2,5 km non ricordo 100 metri di piano, tutto saliscendi con lo scendi abbastanza divertente ma il sali veramente taglia gambe.
Sulla linea di partenza lancio la sfida al Bress, il presidente non si tira di certo indietro ed accetta di buon grado. Subito dopo parte la gara. Preso dall'entusiasmo mi lancio all'inseguimento dei top runner ma ben presto desisto anche se il primo km passa in 4'06. Il ritmo è alto, decido di rallentare: tlin, secondo km, 4'01! Ok, non sono padrone di me stesso! L'operazione freno a mano prende qualche tempo in più del previsto ma riesco ad impostare un ritmo più gestibile al termine del primo giro.
Qui si fa sotto il Bress che era rimasto prudentemente indietro. Il giro è davvero tosto, è tutto un saliscendi, quello che si recupera in discesa viene pagato con doppia fatica nella salita successiva. Sia nella seconda che nella terza tornata proseguo assieme al Bress, ogni tanto conduce lui, ogni tanto conduco io. All'ultimo giro prendo l'iniziativa e mi porto avanti incrementando sensibilmente il ritmo. Bress non molla, al massimo si distanzia di qualche metro ma torna subito sotto. A 1500 metri dal traguardo, in un tratto in salita su sterrato, il Bress sferra l'attacco. Mi si porta avanti ed accelera. Mi francobollo alla sua canotta e non mollo. Alla discesa successiva sono ancora la.
Ho molta fiducia nella mia volata finale ma devo onorare la canotta gialla che porto, se devo battere il presidente non lo posso fare in volata, serve un attacco serio. Serve una vittoria con rispetto.
A 800 metri dal traguardo decido perciò di rispondere al Bress e di sferrare il  mio di attacco. In un tratto in salita incremento la velocità, non mi volto mai sperando che il cambio di ritmo faccia male. Sul successivo tratto in discesa accelero ancora. Vedo alcuni runner davanti a me, sono ancora in spinta mentre loro appaiono stremati. Al termine della discesa una secca curva a sinistra e poi il lungo rettilineo, oltretutto in salita. Raccolgo energie che non sapevo di avere e lancio la volata superando negli ultimi 100 metri 4 atleti con uno sprint finale del quale vado molto orgoglioso ancora adesso.

Bress arriva circa 30 secondi dopo. Scherziamo un poco e poi andiamo a ritirare il ricchissimo pacco gara (maglietta tecnica, Yogurt, 500 g. di Pasta, un pezzo di formaggio Asiago stagionato e una confezione di ottima marmellata Rigoni di Asiago. Cosa si può volere di più?!?).

Archiviata la Sleghe Lauf avevo in programma per quest'oggi un lungo lento di 30 km da correre a Castelfranco Veneto, in occasione della non competitiva Marcia del Giorgione. Non avevo fatto i conti però con lo scarso tempo a mia disposizione per il recupero, appena 12 ore. Sono quindi partito con le gambe ancora indolenzite e con l'incertezza di riuscire a portare a casa la distanza. Nonostante un ritmo cauto mi sono reso conto ben presto che i 30 km erano difficili da portare a casa e che, molto probabilmente, avrei rischiato un infortunio o un affaticamento eccessivo. Perchè rischiare dunque ?
Alla fine ho portato a casa un buon 22 km a 4'57 di media terminando gli ultimi 2 km con buona spinta ma, una volta tagliato il traguardo, mi sono reso conto che non avevo proprio più voglia di correre. Stanco fisicamente ma, soprattutto, stanco mentalmente.
Ora mi riposo e ricarico le pile. Weekend produttivo e soddisfacente, Domenica prossima, però, almeno 30 bisogna proprio portarli a casa.

venerdì 16 settembre 2011

Se non siamo capaci di vivere globalmente come persone, almeno facciamo di tutto per non vivere globalmente come animali. 

Essere un fantasma dev'essere questo, avere la certezza che la vita esiste, perché ce lo dicono quattro sensi, e non poterla vedere. 


Più o meno una settimana fa discutevo con Tosto dell'ultimo libro letto, Cecità di Josè Saramago. La discussione avveniva mentre stavamo correndo per cui ho l'impressione non fosse esattamente lucida. Pongo rimedio scrivendone brevemente qui.


Il libro narra di un'epidemia di cecità che coglie i cittadini di una non meglio specificata città in un non meglio specificato paese in un non meglio specificato periodo di tempo. Tutto indeterminato come indeterminati saranno anche i protagonisti che vengono identificati mai per nome ma come "Il medico", "Il ladro", "la ragazza", etc.
La cecità si diffonde in maniera misteriosa, non è chiaro infatti come avvenga il contagio ne come mai alcuni non vengano toccati dalla malattia. Fatto sta che, nella confusione generale, il governo tenta di arginare l'epidemia scagliando i ciechi il più lontano possibile, isolandoli all'interno di un ex manicomio, sorvegliati dall'esercito ed emarginati dal mondo indifferente dei vedenti (forse non così vedenti, in fondo).
In una situazione di emarginazione, costretti a vivere in quello che ben presto si trasforma in un lager, i ciechi, dopo aver dimenticato come si fa a vedere, dimenticano quanto appreso nella vita e regrediscono ad uno stato animalesco dove la violenza e la legge del più forte (o del più prepotente) dominano su tutto.
Dopo un po' la cecità si espande anche all'esterno del manicomio e sarà tutto il mondo a ritrovarsi cieco.

Non vi svelo come va a finire, dico soltanto che Saramago racconta una storia dura e cruda nella quale la perdita della vista trasforma le persone facendole regredire ad uno stadio animalesco mentre i vedenti continuano la loro vita sostanzialmente indifferenti alla tragedia dei ciechi.
Dopo Il vangelo secondo Gesù Cristo (sicuramente uno dei migliori libri che abbia mai letto) questo è il secondo romanzo di Saramago che leggo. Il primo libro è stato fulminante, questo leggermente meno ma davvero di poco. Avercene!

lunedì 12 settembre 2011

La settimana appena trascorsa e' stata per me decisamente dura. Dopo il ciclo di antibiotici ho ripreso ad allenarmi in vista della maratona di Venezia. Martedi e Giovedi mi sono ritrovato con i colleghi fulminei per un paio di allenamenti in compagnia. Putroppo mi ritrovo a convivere con una condizione decisamente scadente ed a correre con gente che regge tranquillamente un ritmo di 4' 40 come riscaldamento, mentre per me, ora come ora, e' troppo anche come corsa media. In particolare ho sofferto Giovedi quando i fulminati avevano in programma delle ripetute di 2 km alle quali ho provato a prendere parte desistendo dopo il primo ciclo. Sono arrivato cosi', un po' demoralizzato, all'allenamento di Sabato mattina. Inizialmente ho pensato di fare il mio solito giro da 12 km di corsa lenta, giusto per mettere un po' di km sulle gambe, poi, pensandoci meglio, e controllando la data sul calendario, mi sono reso conto di come fosse il caso di allungare rispetto a quei 12 km. Del resto Venezia si avvicina, la velocita' magari non arrivera' ma l'autonomia mi serve tutta. Ho optato pertanto per un Lungo Lento, senza sapere la distanza che avrei potuto percorrere. L'idea era di fare almeno almeno 16 km con la recondita speranza di riuscire ad avvicinarsi il piu' possibile ai 20. Sono partito dunque cauto assestandomi su un ritmo di poco inferiore ai 5'/km e badando a tenere il piu' a lungo possibile. Via via che i km passavano mi sono reso conto di aver impostato la velocita' corretta, la strada scorreva sotto i piedi e tutto sommato mi sentivo in controllo. Giunto ai 14 km ho cominciato a pensare che i 20 km si potevano portare a casa. Ho cosi' stretto i denti resistendo alla stanchezza, ai dolori muscolari e allo stomaco che negli ultimi km mi ha dato qualche fastidio ma alla fine sono riuscito a completare il traguardo dei 20 km che mi ero messo in testa. E' stata una bella faticaccia, ho sofferto la mancanza di condizione e il mio stato di debolezza attuale oltre al caldo che comunque s'e' fatto sentire. Alla fine pero' devo dire di essere stato bravo a partire cauto, a tenere un ritmo tranquillo per tutto il percorso e a non mollare nonostante la sofferenza finale. Una pacca sulla spalla per me. Intanto metto in saccoccia questi 20 km (media finale 4,53/km) sperando che dal prossimo allenamento (martedi, mi concedo due giorni di riposo) si comincino a vedere le prime conseguenze positive.
 
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