
La gara è stato ovviamente l'evento culmine di cotanta meraviglia.
Il Sellaronda Trail, giunto appena alla 2^ edizione, è un trail di 54 km e 3500 metri di dislivello positivo, e questo si sapeva.
Quello che non si sapeva, o meglio che non avevo considerato, era il fatto che il punto più basso si trovava in corrispondenza dei 1500 metri di Canezei mentre, altimetria GPS alla mano, ben 24 km del percorso si svolgevano oltre quota 2000 metri con due vette superiori ai 2300 metri e una terza che li sfiorava di molto poco.
Ad occhio e croce, la quota media si aggira attorno ai 1800/1900 metri. Tutto ciò, unito a delle discese assassine lungo le piste da sci e a delle salite che potete tranquillamente immaginare ha reso molto duro questo trail che rappresenta pur sempre la seconda distanza più lunga da me affrontata fin'ora.
Ma veniamo alla cronaca.
La partenza è prevista per le ore 6.00. La famiglia del mulino bianco ci prepara un thermos di acqua calda e tutto il necessaire per una colazione alle ore 4.30 del mattino.
Alle 5.15 siamo già in zona partenza. Siamo pronti e non vediamo l'ora di partire. Dopo una breve attesa giunge il momento di schierarsi nella zona del via. E' buio e fa freddo. Ci saranno 2/3 gradi. Opto per berretto e guanti e la giacca anti acqua da indossare sopra a due maglie.
Alle 6.00, puntuale, il via. Una bici segna la via ai primi della classe mentre il gregge segue ordinato. Lungo la via di Colfosco alcune torce accese segnano la strada. Un paio di km in leggera discesa e quindi si lascia l'abitato del paesino per cominciare con la prima salita lungo un sentiero. La destinazione dell'ascesa è il passo di Campolongo e quindi il Bec de Roces (2160 m.). Il tempismo della partenza è clamoroso. Una volta iniziato il sentiero ci si rende conto che la tenue luce dell'alba è sufficiente per capire dove si stanno mettendo i piedi. Tempo 15 minuti e l'illuminazione diventa perfetta.
La salita è bella bastarda, dopo i primi due km a favore, dove dalle retrovie mi sono portato avanti, comincio a subire i primi sorpassi. Ad un certo punto avverto il ticchettio regolare di due bastoncini che si avvicinano inesorabili. Li sento sempre più vicini ma non mi volto. Ad un certo punto, dopo un lungo inseguimento, il portatore dei bastoncini mi supera. E' un nano dal ghigno malefico e dalla barba nera che procede inesorabile lungo la salita. Pare non fare fatica. Io sono in giacca, lui è in maglietta di cotone, ai piedi delle scarpe A3. Lo osservo con invidia e non posso non notare la somiglianza con Charles Manson. Rabbrividisco, non solo per il freddo, e lo lascio andare.
Poco dopo la salita si fa ancora più dura. Lasciamo il sentiero per proseguire lungo il prato di una pista da sci. Non c'è una corsia di marcia per cui tutti si sparpagliano lungo quella che pare essere la traccia migliore. Io seguo quello che ho davanti a me e in qualche modo giungo a scollinare. Breve ristoro quindi si prosegue di nuovo salendo ancora un po'. Si raggiunge un punto panoramico poco distante dalla vetta. Qui lo spettacolo che mi accoglie è memorabile. Da un lato la Marmolada con il suo ghiacciaio rifornito di neve dopo l'ultima perturbazione. Poco più a Est il sole che sta finalmente superando lo schermo rappresentato dalle vette. Non posso evitare di fermarmi, estrarre il cellulare e sparare foto a raffica. Probabilmente sono nei primi 25 ma della posizione mi frega poco, voglio godermi il luogo in cui mi trovo.


Giungo poi ad Arabba dove il termometro di una farmacia indica un torrido +4°. Un breve passaggio nel centro e quindi si sale di nuovo. Questa volta si deve giungere a Passo Pordoi e valicarlo per poi scendere verso Canezei. La salita, ancora una volta, è importante. Il fondo è buono e piuttosto semplice ma la pendenza non fa sconti. Superata quota 2000 metri tocca un'ultimo tratto ripidissimo, attrezzato con catene metalliche alle quali mi avvinghio per tirarmi su. Scollinata anche questa vetta si scende lungo un prato poco segnalato fino a giungere ad un nuovo ristoro. Mi fermo per una pausa di riflessione e per ricaricare lo stomaco con un po' di cioccolata quindi riparto. Di nuovo la strada precipita in giù dando un altro bel colpo ai muscoli delle gambe. L'ultimo tratto, prima di raggiungere l'abitato di Canezei, è particolarmente tosto. Più che scendere si frena. Davvero un bello stress per i quadricipiti.
Giunto al passo scherzo con alcuni ciclisti chiedendo loro quanto vogliono per portarmi a Selva di Val Gardena sul ferro della bici. Ricevo in risposta risate e un sacco di complimenti che fanno bene allo spirito. Quindi proseguo verso il rifornimento dove ordino Vino...niente da fare, Birra...niente da fare, sali...ci sono ma solo caldi. Vabbè, mi accontento della terza scelta e via di sali caldi. Una bella schifezza. Una volta ristorato proseguo verso valle. Ancora una volta si scende di brutto ma ormai so che è la penultima volta. Mi attende ancora una dura salita e poi sarà solo gloria verso l'arrivo. Mi giunge un secondo SMS da Peo, mi dice che a Canezei ero 44° ma con 7 atleti nel giro di 1 minuto. Quattro li ho superati in salita, meno la tedesca che ha superato me, dovrei essere 41°. Mentre ragiono giungo finalmente a valle. Un bel tratto abbastanza piatto mi accoglie e intravedo in lontananza un paio di atleti. Metto in moto il mio motore da pianura e con passi brevi ma frequenza alta macino metri su metri. Riprendo in poco tempo tre atleti che sopravanzo a velocità nettamente superiore. Quindi ne intravedo un quarto qualche centinaio di metri avanti a me. Piccola statura, maglietta bianca e barba scura, non c'è dubbio, ho ripreso Charles Manson. Supero anche lui e lo pianto li. Selva di Val Gardena si prospetta all'orizzonte. Passo lungo il centro della bella cittadina Gardenese e riagguanto altri due atleti. Nel breve tratto di falsopiano (2 km e mezzo) ho recuperato e distanziato 6 atleti. Il morale cresce e con buon piglio affronto l'ultima salita. C'è da issarsi fino ai 2300 metri di Danterpieces, 750 metri di dislivello. Mi armo di grinta e a testa bassa affronto il largo sentiero che porta fino in cima. Nonostante la stanchezza, la volontà di non farmi riprendere da chi ho alle spalle, mi fa accelerare il passo. Salgo di buona lena e ai tornanti controllo di non avere nessuno in vista dietro di me. Per un bel pezzo proseguo in solitaria poi, quando sono a quota 2000 metri, mi volto ad un tornante e scorgo la maglietta bianca e la barba nera. E' un incubo, ancora lui. Tornante dopo tornante il nano malefico si avvicina inesorabile. Quando il ticchettio dei bastoncini giunge alle mie orecchie so che ha completato la sua rimonta. Mi supera a 300 metri dalla vetta. Sono gli ultimi 300 metri di salita e somigliano grossomodo ad un trampolino di salto con gli sci. Da percorrere al contrario ovviamente. Io sono esausto e mi pianto. Non vado più su. Calo la testa fino a sfiorare con il naso la ghiaia ed un passo alla volta colmo la distanza. In quella breve distanza il mio rivale mi distanzia di un'ottantina di metri. Ma ormai è fatta, ho scollinato e il traguardo mi aspetta. Dopo un breve ristoro in vetta riparto con l'intenzione di riprendere Manson, lo becco subito dopo mentre prosegue lentissimo in discesa. Lo riagguanto subito e con fintissima sportività gli chiedo se ha bisogno di aiuto (in realtà gli sto augurando di ritirarsi). Mi risponde che è tutto ok ma che in discesa non va. Lo saluto e proseguo del mio passo.
Fingo freschezza, anche per ingannare me stesso, ma in realtà sono molto provato. I quadricipiti non ce la fanno più a sostenere la corsa e una vescica lungo le piante di entrambi i piedi mi fa traballare ad ogni appoggio. La discesa fino a Colfosco è una lenta agonia. Ma ormai è un conto alla rovescia. Alterno corsa a camminata fino a che manca veramente poco. Finalmente intravedo le case del paesino e in poco tempo imbocco il viale dell'arrivo. Giungo correndo, mi fermo poco prima del traguardo per un'ultima fotografia, quindi taglio la finish line al 31° posto in 7h 23' e 51".
Poco dopo di me giungerà anche Matteo in 7h e 47', felicissimo per aver tagliato il traguardo con più di due ore di anticipo rispetto a quanto preventivato alla vigilia. Fenomeno! Nel dopo gara, attendiamo la premiazione che arriverà solo intorno alle 18. Tanto non avevamo niente da fare. Vengono premiate tutte e 13 le donne partecipanti e i primi 15 uomini arrivati. In molti non si presentano alla premiazione così rimangono un bel po' di premi da consegnare. Gli organizzatori predispongono una lotteria, estraggono i pettorali a sorte e consegnano i premi. Visto l'orario siamo rimasti in 4 gatti, le probabilità di vincere qualcosa sono altissime. Dopo innumerevoli estrazioni, la maggior parte delle quali a vuoto, e dopo aver visto sfumare ad una ad una tutte le scarpe Salomon rimaste ecco che finalmente viene estratto il numero di Matteo, premio: zaino Salomon. Il numero successivo, magicamente, è il mio: anche per me Zaino Salomon Ski Pro 3.
Si conclude in gran bellezza questo penultimo trail stagionale. L'ultimo di montagna. Ora si pensa al Morenic che arriverà tra 3 settimane.
E' stata dura, le gambe oggi fanno un bel po' di male ma so che in vista dei 109 km di Ivrea è tutto fieno in cascina.
Di elementi di cui essere soddisfatti c'e n'è veramente a pacchi!
Intanto, visto che magari non avete idea della bellezza di questo trail, eccovi le foto migliori che ho fatto lungo il percorso.
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