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martedì 24 dicembre 2013


La risonanza magnetica di Giovedi ha dato un buon esito. Poteva essere meglio ma poteva essere anche molto peggio.
In sostanza, ci sono dei netti miglioramenti. L'edema è praticamente riassorbito, rimane però ancora visibile la linea della frattura. Poca roba, pochissima se confrontata al precedente esame ma occorre aspettare ancora un po' prima di riprendere a correre.
Mi sono posto come linea di partenza il 7 Gennaio. Dopo le feste. Ancora una ventina di giorni di riposo e terapia dunque e poi posso provare a riprendere.
Farò un solo strappo alla regola, il 31 sarò a Roma per correre la We Run Rome con gli amici di RunLovers. Mi concederò quella corsa perchè sarà breve, sarà corsa a ritmi lenti e in compagnia. Quindi uno sforzo molto controllato, una cosa tranquilla.

Approfitto per fare gli auguri di Buon Natale a tutti. Ci sentiamo presto.

giovedì 5 dicembre 2013


Fissata la risonanza magnetica di controllo. Il 19 Dicembre mi sottoporrò all'esame e, verosimilmente, dovrei sapere abbastanza in fretta se la frattura da stress si è completamente rimarginata permettendomi di tornare a correre.
Trattengo il fiato...che, tra l'altro, è una cosa che in piscina torna anche utile ogni tanto.

domenica 24 novembre 2013


Conto le settimane. Ormai dovrei aver passato la metà del guado e i giorni che ancora devo attendere prima di tornare a correre dovrebbero essere poco più di una ventina.
Mi manca la corsa. Mi manca soprattutto in questo periodo colmo di gare. Oggi, per dire, c'è chi è alla partenza della maratona di Firenze, chi è a sprintare tra erba e fango all'apertura della stagione dei cross e chi, infine, è  in valtellina per un trail che mi sa tanto di parecchio spettacolare. Mi venisse un crampo se  non sarei potuto essere ad uno dei tre eventi se non fossi infortunato.
Invece mi tocca stare a casa a seguire gli amici sul live (quando è disponibile) o ad attendere i loro risultati e resoconti. E non posso nemmeno andare in piscina perchè la domenica fa orario ridotto e tanto so che, anche se ci vado, trovo una folla che neanche all'angelus del papa.
Insomma, come dicono in Francia: "sono qui che mi rompo le palle".
Poi però ho pensato che ho pur sempre un blog e qualche affezionato lettore con il quale sfogarmi. Pertanto ecco qua.
Ora mi sento meglio.
Grazie.

sabato 2 novembre 2013


La cosa positiva di questo infortunio è che mi ha spinto a fare una cosa che da tempo mi ripromettevo di fare: andare in piscina.
In molti mi avevano parlato dei benefici del nuoto. Alternato alla corsa fa un sacco di bene per moltissime cose. Io ascoltavo, annuivo ma dentro di me sapevo che mi sarei fermato ad un "mi piacerebbe ma, fondamentalmente, non c'ho cazzi!".
Con lo stop forzato dalla frattura al calcagno mi sono dovuto dare una mossa. Ho quindi preso la decisione e via, abbonamento  in piscina, missione al Decathlon per comprare tutto il necessario con la minima spesa possibile ed il giorno dopo via con l'esperimento nuoto.
Il primo giorno è stato traumatico ma meno di quel che pensavo. Mezz'ora abbondante di goffi tentativi di impostare uno stile libero almeno decente imbarcando acqua e prendendo a cazzotti il malcapitato compagno di corsia quando incrociavamo le nostre bracciate. Il problema più grosso è la respirazione. Poco da fare, non sono capace. Alla fine, però, ero comunque soddisfatto di aver compiuto il primo passo, la parte probabilmente più difficile.
Due giorni dopo ci riprovo. Stesso orario e stessa corsia. E sempre lo stesso pachidermico compagno che dev'essersi chiesto "ma sto qua perchè viene a scassare le palle proprio a me?".
Noto qualche timido segno di miglioramento. Aumenta l'autonomia nello stile libero e riesco a fare qualche vasca mantenendo la respirazione a testa sotto per tutto il tempo.
Lascio passare qualche giorno e poi il terzo tentativo. Complice una vasca molto favorevole mi trovo a nuotare per gran parte del tempo in corsia da solo. Posso quindi sperimentare e concentrarmi sulle mie difficoltà. Alla fine porto a casa 50 vasche ed esco felicissimo dall'acqua.
Torno a casa e mi bullo con gli amici per la mia "impresa". In cambio ricevo qualche raro complimento e moltissimi sbertucciamenti di vario tipo. "50 vasche in un'ora? Ma sei una pippa!" è il riassunto medio degli sbertucciamenti. Ma non mi abbatto ed anzi so che questo numero andrà aumentando. La seduta successiva le vasche sono 60 e l'obiettivo di arrivare ad 80 si sta avvicinando.
Del resto non è che mi ci voglia molto. Basti considerare che ho un'autonomia massima di 6 vasche consecutive e me la posso giocare una sola volta. Dopo le 6 consecutive mi devo fermare a rifiatare ad ogni 2 vasche. Lo so, sono veramente scarso. Mai detto il contrario.
La cosa bella in tutto questo è però che il nuoto mi sta piacendo. E non avrei mai creduto fosse possibile.
In realtà non è che mi piaccia il nuoto, il cloro e l'ambiente della piscina, quello che mi piace è la prospettiva di migliorare. Il fatto che, giorno dopo giorno, posso verificare dei miglioramenti tangibili.
Ecco, questo mi piace parecchio e per due mesi me lo farò bastare.

venerdì 25 ottobre 2013


Avevo un amico di Trieste che studiava medicina, si stava specializzando in neurochirurgia, ora ci siamo persi di vista ma mi ricordo bene una cosa che mi disse parlando dei suoi studi. La medicina è una scienza tutt'altro che perfetta. Non è matematica, c'è molto spazio per l'interpretazione.
Non si sbagliava il mio amico. Almeno, a giudicare dalla mia esperienza personale degli ultimi giorni con l'infortunio che sto patendo.
Passando in rassegna i vari referti, cominciamo col primo seguito alla risonanza magnetica nella quale mi si diagnosticava, sostanzialmente, una frattura da stress al calcagno. Sento  un caro amico che lavora nel centro dove mi hanno fatto la risonanza e che sente il parere del medico che ha preso visione dell'esame. La cura, indicativamente, doveva consistere in 30/40 giorni di riposo con qualche terapia indicata dall'ortopedico cui avrei sottoposto l'esame.
Piuttosto ringalluzzito dal periodo breve di stop cui mi sarei dovuto attenere fisso dunque appuntamento con medico ortopedico. Questi studia l'esame, borbotta qualcosa e scuote la testa. Caro mio - mi dice - qua c'è una frattura da stress piuttosto importante ma c'è anche del versamento che evidenzia una certa sofferenza dell'osso. Se non vuoi che ti ingessi ti prescrivo stampelle, iniezione del farmaco x (usato per la cura dell'osteoporosi) e, soprattutto, 20 sedute da due ore di camera iperbarica (per la quale avrei dovuto sottopormi a RX del torace e a Elettrocardiogramma). Me ne esco bello abbacchiato ma piuttosto convinto a sentire una seconda opinione. Dura sostenere la cura prevista.
Prendo appuntamento con un secondo ortopedico il quale capovolge la diagnosi. Non si tratta di frattura da stress ma di Algodistrofia dovuta all'intenso allenamento dell'ultimo periodo. Due mesi di magneto terapia.
Va già meglio, i tempi si dilatano ma almeno ho una cura sostenibile che mi consente anche di praticare nel frattempo qualche altra attività, nuoto o bici. Come anche il primo ortopedico anche questo mi informa che ho piedi sostanzialmente piatti e mi consiglia dunque di adottare dei plantari.
Successivamente a questo esito, risento il mio amico della risonanza magnetica e gli racconto della diagnosi di Algodistrofia. Il mio amico si stupisce e torna a verificare l'esame col medico radiologo il quale, dopo attento esame, conferma non si tratta di algodistrofia ma proprio di frattura da stress.
Alla fine, le cure da sostenere, bene o male sono le stesse. Camera iperbarica se voglio metterci un mese, magneto terapia se mi accontento di guarire per Natale.
Alla fine opterò per la seconda delle ipotesi, curioso il modo in cui sia giunto alla cura. Per vie, diciamo così, perlomeno traverse.

Detto questo, ci tengo a precisare che non ce l'ho affatto con la medicina moderna. Tra la medicina e la preghiera, per guarire da un malanno, mi affiderò sempre alla prima. Resta il fatto che non la si può considerare come una soluzione perfetta per tutto. Anche la medicina ha le sue imperfezioni, l'importante è prenderne atto. A quanto pare però, i primi a saperlo sono proprio i medici stessi e questo, forse potrà sembrare strano, ma mi tranquillizza molto.

lunedì 14 ottobre 2013


Il nome del post, che poi è anche l'infortunio nel quale sono incappato, la dice tutta.
Ho una frattura.
E' stata causata dallo stress.
Per stress non si intende stress lavorativo ma si intende stress fisico. L'osso in questione è stato stressato particolarmente durante la preparazione per Berlino e, ad un certo punto, ha ceduto.
Il risultato è stato il dolore avvertito a dieci giorni dalla maratona e quello, molto più localizzato e presente, patito durante la corsa.
Dalla risonanza magnetica la frattura è ben visibile ed è localizzata nella parte esterna del calcagno. Da quel che mi dicono non è nemmeno così piccola, evidentemente i 30 km ai quali l'ho sottoposta in quel di Berlino le sono stati d'aiuto per espandersi.
Venerdi ho la visita dall'ortopedico che mi dirà per quanto tempo devo stare a riposo e se ci sono eventuali cure cui sottopormi per accelerare il recupero.
Per il momento mi dedico a qualche esercizio di addominali e piegamenti sulle braccia, giusto per non stare del tutto fermo e provare in qualche modo a sfruttare questa pausa forzata.
Dovrei andare in piscina e nuotare. Lo so. Però è più forte di me, la piscina proprio non mi attira. Magari in settimana provo a fare uno sforzo, sia mai che poi scopro che mi piace.
Non credo.

Nel cerchio in rosso la frattura. Quella roba nera in mezzo al bianco

mercoledì 9 ottobre 2013


Me la ricordo bene la prima volta che sentii parlare del disastro del Vajont. Ero piccolo, avrò avuto 7 o 8 anni e sentivo mio papà parlarne con un amico.
Chiesi a mio padre che mi raccontasse cosa fosse successo in quel gran disastro di cui parlavano e lui, per farmelo capire, mi disse che un lago aveva tracimato perchè un pezzo  di una montagna c'era caduto dentro e l'acqua uscita aveva travolto il paese sottostante. "E' come se prendi un bicchiere pieno d'acqua e ci butti dentro un sasso, l'acqua se ne esce di fuori no? Ecco, così è accaduto anche con la diga"

Allo stesso modo, il giorno successivo al disastro, nel 1963, Dino Buzzatti aveva scritto un articolo sul Corriere della Sera dove usava la stessa similitudine:
"Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso era grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi."

Alle 22.39 di oggi saranno trascorsi esattamente 50 anni dal momento in cui, nella zona di Longarone, si scatenò l'inferno.
Sarà che è una tragedia che fin da piccolo mi ha colpito e affascinato. Forse per il fatto che era vicina a casa e che davanti a quella diga, che ancora oggi è poco meno che completamente intatta,  ci passavo sempre per andare in montagna. O forse perchè è una storia terribile e incredibile e uno non può restarne indifferente.
O ancora perchè è un avvenimento che io non ho vissuto ma nella mia famiglia i più vecchi se lo ricordano bene e sanno raccontarmi dov'erano e cosa facevano quando accadde.
Sarà per tutto questo ma l'anniversario del Vajont è una cosa che mi va di ricordare. In particolare oggi che ricorrono i 50 anni da quel giorno.
Non so se sono un tipo sensibile, ma sono sensibile a quanto avvenne quel giorno e quindi lo voglio ricordare. 
Tutto qua.
 
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